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Luciano Moggi, la profezia sulla Lazio: dove può arrivare, cosa deciderà la Serie A

Davide Locano
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Ancora Lazio, vince in rimonta contro l' Inter come già fatto contro la Juve. E ormai non è più una sorpresa, sembra anzi matura per la grande impresa, non avendo oltretutto le coppe. Ha la miglior difesa del campionato, sicuramente il migliore centrocampo e davanti il capocannoniere Immobile conta 26 gol in 24 partite. Se prima giocava esclusivamente per la qualificazione Champions, adesso deve muoversi in ottica scudetto e si porterebbe dietro le responsabilità qualora dovesse mollare o quanto meno allontanarsi dalla zona primato: chissà se riuscirà a mantenere la solita spregiudicatezza. La vittoria di domenica dà comunque coscienza di sé e autostima ad ogni singolo giocatore. L' asse centrale, poi, è da invidia. Acerbi ci ha abituati a vederlo dominare nella propria area, mettere la museruola a qualsiasi avversario, Lukaku compreso, con il quale ha prevalso anche a sportellate. Leiva, il regista, sa mettere a frutto la sua intelligenza calcistica e, quando occorre, anche il fisico. Luis Alberto è l' uomo assist per eccellenza: dai suoi piedi nascono sempre i pericoli per gli avversari e gli inviti per i compagni. E Immobile davanti raccoglie tutto questo bendidìo per trasformarlo in gol. Con un metronomo d' eccezione a supporto di tutti, il miglior Milinkovic della stagione: prima è fermato dalla traversa, poi costringe Conte a cambiargli marcatura (da Skriniar a Godin), infine decide il match. È ritornato il giocatore eclettico ed imprevedibile di due anni fa. Tutti uomini, questi, più o meno sconosciuti prima di arrivare alla Lazio (escluso Immobile) e che adesso sono il fiore all' occhiello della società. Impossibile quindi non elogiare il lavoro del ds Tare: grande fiuto e massimo riserbo. Dice Conte, dall' altra parte della barricata: «La partita è stata equilibrata, c' è stata la prestazione e la gara è stata falsata da due gol evitabili». Magari intendendo con ciò la mancanza di comunicazione tra Padelli e Skriniar in occasione del rigore che ha portato al pareggio laziale, magari la mancanza di reattività, sempre di Padelli nel tuffarsi in occasione del 2-1, anche se aveva la visuale coperta. Resta il fatto che la difesa, uno dei punti di forza interisti, è stata in sofferenza per l' intera partita nel tentativo. Potrebbe anche darsi che il reparto soffra l' insicurezza del proprio portiere di riserva, resta il fatto che è venuta a mancare soprattutto la personalità nelle fasi cruciali. Si pensava che la potesse dare Eriksen, uno dal piede vellutato che sa lanciare come pochi le proprie punte. Evidentemente Conte non la pensa così, almeno considerando il poco tempo di utilizzo in una gara che vedeva tra l' altro l' Inter soccombente. È nostra impressione che Antonio debba bruciare i tempi per il suo inserimento, se vuole competere fino all' ultimo con la Juve che noi riteniamo ancora favorita per lo scudetto, nonostante la brutta esibizione casalinga con il Brescia (privo di quattro titolari, costretto a schierare il terzo portiere e in 10 dal 37' per il rosso ad Ayé). Decisivi la magistrale punizione di Dybala e il raddoppio di Cuadrado, in una gara priva di spunti di bel gioco, soprattutto per colpa di un centrocampo bianconero scadente di condizione e qualità. Ciò nonostante, la Signora fa punti e va avanti con i numeri dei suoi campioni a dispetto del bel gioco delle altre. Ottimo il rientro di Chiellini, assente da 6 mesi, resta da capire lo sviluppo del guaio muscolare di Pjanic. È logica dunque la critica alla Juve, l' arrivo di Sarri faceva pensare ad una spettacolarità che non c' è stata, come era mancata anche nel Chelsea. Dovrà essere Maurizio ad adeguarsi, date le caratteristiche dei giocatori. Di sicuro la squadra non è solida come in passato, anche per via delle marcature a zona, e gli avversari lo percepiscono. Eppure comanda la classifica, per cui piano con i giudizi. di Luciano Moggi

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