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Serie A, Claudio Lotito crede allo scudetto. La Lazio vuole ripartire subito: "Formello già sanificato"

Fabrizio Biasin
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Una clamorosa "fuga di notizie", qualche settimana fa, ci regalò questa perla. «Se sta a ritirà», disse secondo i benissimo-informati il patron della Lazio, Claudio Lotito, durante un'assemblea di Lega. E parlava del virus. E voleva far riprendere gli allenamenti. E aveva tutta l'intenzione di dare la scossa ai colleghi, presidenti di serie A. Praticamente un novello Dottor House.

Nei giorni successivi, col piffero il virus si è ritirato, lo abbiamo scoperto sulla nostra pelle. Ora che i numeri sono cambiati - ma la situazione è ancora decisamente lontana dal concetto di "normalità" - Lotito è tornato ad alzare la voce: vuole tornare in campo, poche chiacchiere, che c'è da vincere uno scudetto. Oh, comprensibile, del resto quando gli ricapita? Il problema sono i toni, perché, sì, il presidente dei biancocelesti è tornato a vestire i panni del Dottor House.

Prima "diagnosi" regalata ai microfoni di Lazio Style Radio: «Il calciatore è dotato di una condizione fisica diversa rispetto alla media e viene sottoposto 24 ore su 24 a controlli medici, potrebbe quindi allenarsi senza mettere a repentaglio la salute propria e delle persone accanto a lui». E ancora: «Nessuno vuole prendere sotto gamba la salute dei cittadini e dei propri dipendenti. Non si tratta di una questione ludica, ma di attività lavorativa: parliamo di persone che, se le blocchi per 2-3 mesi, gli crei un trauma perché perdono la condizione. Quindi se ci sono tutte le condizioni ideali, come nel nostro caso a Formello, non c'è alcun rischio di contatto e di contagio». Fino al gran finale: «Il Centro Sportivo di Formello è dotato di tutti i comfort e mezzi di sanificazione. Siamo in possesso da oltre un mese di mascherine, guanti ed occhiali perché già in uso per le attività ordinarie. Tutte queste precauzioni le avevamo già adottate un mese e mezzo fa. Quindi non capisco il motivo per cui non continuare gli allenamenti».

Lotito vuole ripartire e vuole farlo subito. Dalla sua parte anche il patron del Frosinone, Maurizio Stirpe: «Qualora il campionato dovesse essere interrotto e il Frosinone non salirà in A perché terza in campionato, allora mi muoverò per vie legali». E così facendo chiarisce perché il presidente della Figc, Gabriele Gravina, abbia tutta l'intenzione di portare a termine la stagione 2019-2020: non solo per questioni di carattere economico, ma anche per il timore che i ricorsi di questo e quel club possano impedire l'inizio della stagione 2020-2021. Insomma, un bel macello. Il tutto è completato dalla celebre questione "taglio degli stipendi", con la Lega che chiede la decurtazione di quattro mensilità in caso di annullamento della stagione (due in caso di ripresa) e l'Aia che parla di «proposta irricevibile».

 

 

Tutto come al solito, insomma: mentre i cittadini nel "mondo reale" hanno accettato a malincuore questo e quel sacrificio, nel fatato mondo del calcio non si trova lo straccio di un accordo e, soprattutto, si finge di agire «in nome dello sport» quando è evidente che ognuno si comporta per far prevalere i propri interessi (economici o legati a "vittorie da conquistare" e "retrocessioni da evitare"). La sensazione è che alla fine prevarrà il diktat dell'Uefa («terminate i campionati!») con oltre 120 partite da giocare in un paio di mesi, in assenza di pubblico e (probabilmente) di Var. Oh, tutto è possibile, ma "se" e "quando" arriverà il momento, allora sarà il caso di non chiamarlo "calcio".

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