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Inter a caccia di soldi rossoneri per salvarsi: spunta Fassone, quante similitudini col caso-Milan

Tobia De Stefano
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C'è una proprietà cinese, un grande fondo d'investimento americano e una squadra di calcio milanese sull'orlo del fallimento. Non è una barzelletta rivista in chiave calcistica, ma il semplice racconto di due operazioni che a tre anni di distanza hanno delle incredibili similitudini. Circa 36 mesi fa c'era il misterioso uomo d'affari orientale Yonghong Li che per acquistare il Milan da Silvio Berlusconi aveva versato alla Fininvest caparre per complessivi 250 milioni di euro, quando all'improvviso scoprì di essere privo di altra liquidità. Mistero. Per non perdere tutto fu costretto a chiedere in prestito più di 300 milioni di euro a uno dei più grandi hedge fund al mondo, il fondo Elliott a tassi di interesse altissimi che partivano dal 7 e arrivavano all'11%. I soldi che non aveva prima il buon Yonghong Li non riuscì a trovarli neanche dopo e così, come previsto dalla clausole del contratto firmato da con Elliott, fu costretto a cedere il Milan al colosso degli investimenti americano. 

 

Storia incredibile, ma vera. Il problema è questa storia incredibile si sta ripetendo a tre anni di distanza sull'altra sponda dei Navigli. Casa Inter. La società nerazzurra, infatti, è passata nel giugno del 2016 dall'indonesiano Erick Thohir al Gruppo cinese Suning, una delle maggiori aziende asiatiche, quotata in Borsa dal 2004. Insomma non stiamo parlando di un fantomatico uomo d'affari cinese, ma di una multinazionale che opera nell'economia reale (vendita al dettaglio) con decenni di storia alle spalle. Eppure. Dopo due anni di investimenti importanti e acquisti di giocatori di caratura internazionale (da Lukaku a Eriksen), Suning scopre dall'oggi al domani di essere in crisi di liquidità. Pardon: di non avere più un euro. Complice il Covid e la stretta del governo cinese Steven Zhang, presidente nerazzurro e di Suning International, decide di mettere l'Inter sul mercato. 

 

La trattativa più concreta, quella con il private equity Bc Partners pare essere saltata. Suning valuta l'Inter un miliardo, il fondo, forse si spinge poco oltre la metà. Così è entrato in scena un altro colosso degli investimenti, Bain Capital: le opzioni sono due. La vendita dell'Inter - ma ad oggi Suning registrerebbe una minusvalenza eccessiva - o un prestito da più di 200 milioni a tassi esorbitanti, tra il 10 e il 15%. E non è finita qui. Perché c'è un'altra similitudine con quanto successo tre anni fa. Bain Capital infatti si avvale della consulenza sul lato sportivo delle prestazioni di Marco Fassone che all'epoca di Yonghong Li era l'ad del Milan. 

A giugno 2020 Fassone avrebbe lavorato all'offerta di Bain per l'acquisizione dei diritti tv legati alla serie A. Si parlava di 3 miliardi per il 25%. Ma non andò a buon fine. È lo stesso Fassone che a fine 2020 evidenziava in una delle sue ultime uscite pubbliche che «la Serie A diventerà sempre più terra di conquista di società straniere... un bene per il futuro del calcio italiano». Intanto Bain ci sta provando con l'Inter. Riepilogando. Allora come oggi abbiamo una proprietà cinese, un grande fondo Usa e un possibile prestito a tassi esorbitanti. Sta a vedere che le similutudini sono appena cominciate.

 

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