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Cristiano Ronaldo, "tre morti": accusa devastante al portoghese

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I Mondiali in Qatar, la nuova esperienza in Arabia Saudita. È un Cristiano Ronaldo 100% mediorientale. Dopo il suo sbarco all’Al-Nassr, CR7 è diventato anche testimonial di una località che non esiste. Ovvero Neom, una ‘super città' che dovrebbe sorgere nel 2025 nella provincia di Tabuk, in Arabia Saudita. Al momento della città, che dovrebbe essere rivoluzionaria dal punto di vista urbanistico ed essere alimentata interamente da fonti di energia rinnovabile, esiste solo il progetto, annunciato cinque anni fa dal principe Mohammad bin Salman. Neom, il cui nome scaturisce dal mix tra le parole "nuovo" e "futuro", sarà costruita con i soldi – tra gli altri – del fondo sovrano saudita e ospiterà i Giochi asiatici invernali del 2029.

 

 

 

 

La condanna a morte di tre uomini del Huawaitat

Ad ora non esiste quasi nulla nella zona dove sorgerà la città, che a fine 2022 ha ospitato una competizione di beach soccer, e le difficoltà non mancano visto che per costruire le strutture necessarie per i Giochi del 2029 (piste da sci, lago artificiale e altre ancora) il governo ha deciso all'inizio di offrire un trasferimento in altre zone del Paese ai membri della popolazione Huawaitat residente nella zona.

 

 

 

La situazione ha tuttavia preso tutt'altra piega quando alcuni indigeni di questa tribù locale si sono opposti allo sgombero, nel frattempo divenuto forzato. Fino ad arrivare alla condanna a morte nello scorso ottobre di tre uomini degli Huawaitat che si erano rifiutati di lasciare la terra dove i loro avi hanno vissuto per secoli.

 

 

 

La ricercatrice di Amnesty per il Medio Oriente contro CR7
La ricercatrice di Amnesty per il Medio Oriente, Dana Ahmed, ritiene però che l’accettazione di Ronaldo di fare da testimonial per questa città sia un grave errore: "Invece di elogiare acriticamente l'Arabia Saudita — dice la donna — Ronaldo dovrebbe usare la sua considerevole piattaforma pubblica per attirare l'attenzione sui problemi dei diritti umani nel Paese e non permettere che la sua fama e il suo status di celebrità diventino uno strumento dello sportswashing saudita”.

 

 

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