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Soumahoro, africani in piazza contro di lui a Latina: "Non ci ha pagato"

Tommaso Montesano
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L’appuntamento è fissato alle 9 di oggi davanti al tribunale di Latina, in piazza Bruno Buozzi. Quello degli ex lavoratori della cooperativa Karibu e del consorzio Aid sarà un «presidio permanente», avverte Gianfranco Cartisano, il segretario del sindacato Uiltucs che li assiste da quando la crisi delle due società riconducibili alla compagna e alla suocera di Aboubakar Soumahoro - il deputato eletto con l’alleanza Verdi-Sinistra paladino dei braccianti - li ha lasciati senza lavoro e senza stipendio. E questo a fronte dello «scandalo dei tantissimi fondi pubblici erogati» a favore delle due società, come ricorda il comunicato con il quale la Uiltucs annuncia la mobilitazione davanti al palazzo di giustizia.

LO STRISCIONE
L’ex personale delle Coop impegnate nell’assistenza dei migranti esibirà uno striscione che riassume la vicenda sull’onda della quale - ancorché non coinvolto dall’inchiesta - lo stesso Soumahoro ha dovuto lasciare il gruppo parlamentare di Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. «La coop Karibu e il consorzio Aid hanno incassato 62 milioni di euro. Noi lavoratori ancora senza stipendi. Integrazione, accoglienza e lavoro sono altro!».

La protesta di oggi non è casuale: stamattina, alle 9,30, il giudice Pierpaolo Bortone presiederà l’udienza preliminare al termine della quale dovrà decidere se accogliere o meno la richiesta della procura di Latina di rinviare a giudizio i sei imputati: la compagna di Soumahoro, Liliane Murekatete; la suocera, Marie Terese Mukamitsindo; i cognati Michel Rukundo e Richard Mutangana e due collaboratrici delle società oggetto delle indagini: Ghislaine Ada Ndongo e Christine Kabukoma. Tre dei sei imputati (Mukamitsindo, Rukundo e Murekatete) sono anche già destinatari delle misure interdittive «del divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione e del divieto temporaneo di esercitare imprese e uffici direttivi di persone giuridiche». La suocera di Soumahoro, in precedenza, era stata oggetto pure di un sequestro preventivo di oltre 600mila euro.

 

 

 

Il sostituto procuratore che lo scorso 19 giugno ha siglato la richiesta di rinvio a giudizio è Andrea D’Angeli. Sotto accusa c’è la gestione pluriennale delle società amministrate dalla famiglia, caratterizzata, secondo l’accusa, da evasione fiscale e fatturazione di «operazioni inesistenti». La famiglia di Soumahoro, secondo gli inquirenti, avrebbe realizzato un sistema «connotato da rilevanti opacità nella gestione», con i fondi destinati alle Coop «in parte non rendicontati, in parte utilizzati per scopi apparentemente estranei allo scopo sociale».

E questo mentre 40 lavoratori- metà italiani e metà stranieri di origine africana- sono stati lasciati praticamente a piedi. È stato proprio grazie alle denunce raccolte dal sindacato di Cartisano che il caso è esploso a livello nazionale. Quasi un anno dopo l’avvio delle indagini, però, poco o nulla si è mosso per gli ex dipendenti di Karibu e consorzio Aid. «Ad oggi, oltre ad aver perso il posto di lavoro, non hanno ancora percepito stipendi, liquidazioni di fine rapporto e competenze finali», attacca Cartisano. Dopo circa un anno di confronti con la prefettura di Latina, nonostante gli appalti di cui erano titolari Karibu e consorzio Aid siano stati assegnati ad altre cooperative sul territorio, i ricollocamenti non hanno sortito alcun esito.

 

 

 

BATTAGLIA LEGALE
«La situazione è ferma, piatta», confessa con amarezza il numero uno della Uiltucs. Gli ex dipendenti, denuncia, «non hanno preso un euro». Ecco perché nell’udienza di stamattina lo stesso sindacato, insieme ai lavoratori, si costituirà parte civile. «I lavoratori hanno subìto un danno. Nonostante la nomina di due commissari per Karibu e consorzio Aid, nonostante i numerosi confronti in prefettura, gli accordi per i ricollocamenti sono rimasti sulla carta, tutto è finito nel cassetto». 

 

 

 

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