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Usa, occhio ai colpi di scena nella corsa alla Casa Bianca

Roberto Formigoni
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Ora possiamo dire che la corsa alla Casa Bianca è iniziata davvero. Nel “Super-martedì” della settimana appena trascorsa, in cui si è votato in 15 Stati, hanno trionfato Joe Biden per i democratici e Donald Trump per i repubblicani, che ha costretto al ritiro l’ultima concorrente che aveva nel partito, Nikki Haley, ex ambasciatrice americana all’Onu.

Ora però è vietato sbagliare, soprattutto per candidati che non sono più verdi negli anni (Trump 77anni, Biden 81). E i problemi non mancano, per entrambi i candidati. Trump è a corto di soldi, soprattutto per le enormi spese processuali, e inoltre la Haley, nel ritirarsi, gli ha fatto gli auguri ma non gli ha dato l’endorsement, ha lasciato liberi i suoi sostenitori di decidere a novembre con la loro testa, compresa l’ipotesi di non votarlo.

Del resto, in tutto il Partito repubblicano non sono pochi gli elettori che non nascondono le loro perplessità per le politiche di Trump, che giudicano estremista, e poco affidabile in una serie di capitoli. Per riconquistare questo dissenso, Trump dovrà per forza cambiare il tono dei suoi discorsi, diventare più moderato, diventare un nuovo Trump, insomma. Lo farà? È lecito dubitarne, ma la macchina del suo partito farà ogni sforzo per spingerlo. Non minori sono i pericoli per Biden.

 

Il partito democratico è più compatto, le percentuali di consenso sfiorano il 90%, ma questo solo in apparenza. In realtà, dietro le quinte, più della metà degli iscritti è seriamente preoccupata dal fattore età del presidente. E non a torto visto che negli ultimi mesi è aumentato terribilmente il numero delle gaffes, dei vuoti di memoria che hanno infarcito i suoi discorsi. Di questi timori è un sintomo l’alto numero di elettori democratici che nelle primarie si sono dichiarati “uncommitted”, praticamente non schierati: in alcuni stati come il Minnesota hanno raggiunto la pesante soglia del 19%. Sono democratici ma sarebbero pronti a votare un altro candidato diverso da Biden o a non votare. E occorre tener conto anche del profondo scontento delle comunità di origine araba, contrarie alle scelte di Biden di sostenere Israele nella guerra contro Hamas. E lo stesso vale per molti giovani.

Ecco perché non si può escludere un clamoroso colpo di scena alla Convention democratica di agosto, il cambio di candidato. Si sa che diversi maggiorenti ci stanno lavorando da tempo: occorre il consenso di Biden, ovviamente, ma le pressioni su di lui e sulla famiglia si vanno facendo quotidiane. Se accadesse, chi potrebbe essere il nuovo candidato democratico? Si sussurrano due nomi, quello di Michelle Obama e quello di Gavin Newsom, attuale governatore della California e già sindaco di San Francisco. Non è mai capitato, ma in Usa non puoi escludere nulla.

 

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