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Gli anglicani tentati dal cattolicesimo

La componente maggioritaria della Chiesa d’Inghilterra sempre più vicina allo scisma
di Marco Respintivenerdì 24 ottobre 2025
Gli anglicani tentati dal cattolicesimo

3' di lettura

L’ala destra della Chiesa anglicana rompe e annuncia lo scisma. La goccia che ha fatto traboccare il vaso (perché il dissidio dura da tempo) è la nomina di una donna, la prima della storia, al rango di capo spirituale della Comunione anglicana, nomina avvenuta il 3 ottobre quando, Sarah Mullally, è stata designata arcivescovo di Canterbury. L’ordinazione sacerdotale femminile ha già provocato fratture nel passato recente dell’anglicanesimo (in Inghilterra e nel commonwealth a essa collegato), portando parte importante del clero e dei fedeli nella Chiesa Cattolica. Ma, come afferma la Global Fellowship of Confessing Anglicans (GAFCON), c’è anche di più: perché che il leader degli anglicani sia una figura senza preparazione teologica e nota in pratica solo per il plauso all’ideologia gender e all’aborto come “diritto” è troppo.

Il GAFCON è un network di diocesi, parrocchie e realtà anglicane conservatrici afferenti al più ampio «Confessing Movement» che si oppone strenuamente alle derive progressiste nel multiforme universo protestante. Dal 2008 raccoglie in maniera organica gli ambienti legati alla tradizione che si ripromettono di correggere l’anglicanesimo deviante. Fino a oggi si è differenziato dalla «Traditional Anglican Church» (TAC), che dal 1991 raccoglie le Chiese del «continuing Anglican movement» (un orientamento distintosi già negli anni 1970, prima ancora di prendere forma organizzata).

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Si tratta di anglicani indipendenti che non si riconoscono più nella primazia di Canterbury a differenza del GAFCON che ha continuato a lavorare dall’interno (anche se la distinzione non è granitica e tollera diverse sovrapposizioni). Ma con l’avvento della Mullally a Canterbury anche il GAFCON vuole dire addio. Cosa accadrà ora in concreto e quanti numeri sposterà il nuovo scisma si vedrà. Certo è che lo strappo di oggi, cioè la nomina della Mullally prima ancora dello scisma dei conservatori, porta a termine l’itinerario quasi secolare con cui la Chiesa anglicana si è suicidata.

Nel 1930 il poeta e drammaturgo T.S. Eliot denunciò l’inizio della deriva puntando il dito contro l’ammissione della contraccezione nella morale anglicana attraverso il saggio Thoughts After Lambeth, cioè riflessioni a seguito del sinodo decennale con cui Canterbury convoca la gerarchia anglicana a Lambeth, distretto meridionale di Londra. Eliot era un anglicano filocattolico tra i più lucidi (definiva la Chiesa anglicana non come la «“Chiesa inglese”, ma nazionale nel senso di “Chiesa cattolica in Inghilterra”»), tanto quanto inglese fino al midollo (pur sedi nascita americana). Innamorato cotto dell’anglicanesimo, definiva però la Chiesa anglicana come «la più strana delle istituzioni», ma soprattutto sentenziò già allora che «il disordine della Chiesa d’Inghilterra sembra esserle fatale».

Il giorno dopo la nomina della Mullally a Canterbury, un convertito statunitense al cattolicesimo ex afferente a quei mondi si è spinto oltre, dicendomi: «La Chiesa anglicana è morta. Ha impiegato cinque secoli a farlo, ma è defunta». Difficile dargli torto, soprattutto perché a convincere quel tale e numerose greggi dell’agonia anglicana annunciata è stato il cardinal John Henry Newman, fior di prelato inglese che, approfondendo le ragioni dell’anglicanesimo, si è dapprima convinto di ciò di cui restò convinto Eliot decenni dopo e poi comprese che per lasciare la bara occorreva abbandonare l’anglicanesimo rinascendo nel cattolicesimo.

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Beatificato da Papa Benedetto XVI nel 2010 e canonizzato da Papa Francesco nel 2019, Newman sarà proclamato Dottore della Chiesa da Papa Leone XIV il 1° novembre. Intanto è già patrono dell’Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham, la struttura giuridica istituita nel 2011 da Benedetto XVI per gli anglicani convertiti al cattolicesimo, mentre l’altro capo dell’anglicanesimo (oltre all’arcivescovo di Canterbury), cioè re Carlo III come governatore supremo della Chiesa anglicana, il 16 settembre ha partecipato nella cattedrale di Westminster al funerale cattolico della duchessa di Kent, Katharine Lucy Mary Worsley, morta il 4 settembre: lei primo membro della famiglia reale a convertirsi al cattolicesimo (era il 1994), lui primo re anglicano in circa 400 anni a partecipare a esequie cattoliche. E ieri ha fatto il bis in Vaticano, primo re inglese a pregare assieme a un Pontefice romano dal giorno dello scisma anglicano. Morte, e magari risurrezione. 

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