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Australia, l'incubo degli italiani in vacanza-lavoro: sfruttamento, ricatti, minacce, violenze sessuali

francesca pozzo
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Ogni anno migliaia di ragazzi di diverse nazionalità, di cui la maggior parte italiani emigrano per pochi mesi in Australia per guadagnare qualche soldo e godersi contemporaneamente l'aria del luogo, ma non sanno che tutto ciò spesso prende una piega sbagliata e che l'esperienza estera si trasforma man mano in un ricatto da dimenticare. I giovani per ottenere il visto necessario per la permanenza devono dimostrare di aver lavorato per mesi nelle zone rurali, ma le autorità non sono al corrente cosa c'è dietro: storie di sfruttamenti, di minacce e in casi più estremi anche di violenze sessuali. Le storie degli italiani - Il Corriere della Sera riporta le testimonianze di due italiane inserite un'azienda produttrice di cipolle rosse che raccontano i loro orari lavorativi di dodici ore senza nessuna pausa, anche durante le intemperie, tutto per l'utopia di un foglio di carta firmato e di pochi soldi. Un'altra storia racconta della caduta rovinosa di un ragazzo che era andato a rimuovere il fogliame da un tetto, poi finito in ospedale per ferite gravi e non coperto da assicurazione, a cui è stata addossata tutta la colpa imputandogli l'iniziativa di essere salito in un luogo poco sicuro. Le misure del governo - Secondo i dati risalenti a giugno dell'anno scorso sono circa 145.000 coloro che scelgono l'opzione vacanza-lavoro, di cui più di 11.000 sono nostri connazionali. Di quest'ultimi la maggior parte decide di rinnovare il soggiorno nonostante le ingiustizie. Il perché lo ha spiegato Mariangela Stagnitti, presidente del Comitato italiani all'estero di Brisbane, che nonostante abbia ricevuto molte denunce di questo genere sottolinea come i giovanissimi non vedano vie d'uscita dato che per loro il lavoro in nero non è una novità e hanno paura di rimetterci i pochi soldi che sono in gioco. Il governo australiano, dato il sempre più crescente peso dell'argomento, ha dato via ad un'inchiesta per trovare il modo di regolarizzare e proteggere il lavoro nelle fattorie e il Dipartimento per l'Immigrazione ha deciso di non rinnovare i lasciapassare per un secondo anno in modo da tutelare gli stranieri.

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