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Coronavirus, Giuseppe Conte e la conferenza di notte dopo il disastro del decreto-bozza: "Cos'è successo prima della firma"

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Sono da poco passate le 2 del mattino di domenica 8 marzo quando Giuseppe Conte prende la parola in una conferenza stampa organizzata all’ultimo momento. Il premier ha la necessità di spiegare quanto accaduto nella serata di sabato, con la bozza di decreto che è trapelata e ha gettato le persone nel panico, al punto che in centinaia sono scappati in treno o in auto prima che le restrizioni diventassero effettive in Lombardia e in quattordici province di Emilia Romagna, Veneto e Piemonte. Insomma, un disastro che andava evitato in un momento così delicato dell’emergenza coronavirus in Italia. “È successa una cosa inaccettabile - esordisce Conte - ne va della correttezza dell’operato del governo e della sicurezza degli italiani. La bozza ha creato incertezza e confusione, non lo possiamo accettare”.

Ma cos’è successo davvero? Questa è la versione del premier: “Il decreto è un atto normativo adottato secondo un iter ben preciso. Lo propone il ministro della Salute dopo aver raccolto le osservazioni del comitato tecnico-scientifico, poi bisogna raccogliere i pareri dei ministri competenti e delle regioni”. E Conte lascia intendere che da quest’ultime sia partita la fuga di notizie: “Non avevo ancora firmato, tutti i cittadini hanno letto quel testo e si è generata confusione. Ad ogni modo adesso il decreto è stato elaborato nella versione definitiva”. Confermate le misure restrittive più rigorose in Lombardia e in varie province particolarmente colpite: “C’è il vincolo di evitare ogni spostamento in entrata e in uscita - spiega il premier - anche all’interno dei territori. Ci si muoverà solo per comprovate esigenze lavorative o per motivi di salute, fermo restando che è consentito il rientro presso il proprio domicilio”.

In queste zone sarà quindi tutto sospeso, mentre per ora rimangono aperti bar e ristoranti ma “dalle 6 alle 18 e con l’obbligo a carico del gestore di garantire la distanza di almeno un metro tra le persone, altrimenti scatta la sospensione dell’attività. Non possiamo più permettere il contagio”. Un’ammissione, quest’ultima, che si spera venga recepita al più presto dalla popolazione, perché la situazione rischia di degenerare senza i corretti comportamenti. “Abbiamo due obiettivi - chiarisce Conte - contenere la diffusione del contagio, che non ci possiamo permettere, e agire per evitare il sovraccarico delle strutture ospedaliere”. 

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