Via al Conclave: i 5 favoriti

Il Segretario di Stato rimane in pole ma occhio alle sorprese: in rialzo le quotazioni di Prevost, Erdo alla ricerca di consensi
di Caterina Maniacimercoledì 7 maggio 2025
Via al Conclave: i 5 favoriti
3' di lettura

Tutto è pronto, la Cappella Sistina per ora è percorsa solo dai rumori degli ultimi lavori e pulizie, prima di accogliere oggi nel pomeriggio i cardinali elettori, che arriveranno in processione, in attesa del rituale grido «Extra omnes», fuori tutti, ossia gli estranei, i non elettori, insomma. Il rito antichissimo non cessa di affascinare, al di là della grande responsabilità che hanno i cardinali, e siccome tutto sarà sigillato e nulla potrà trapelare dalla Cappella, sotto il giuramento di segretezza, le fumate sono attese in modo particolare, perché comunicheranno al mondo quel che sta accadendo. A partire dalla prima fumata, prevista entro le 19.00. Che da quando questo segnale è stato introdotto per la prima volta nel 1914 in occasione dell’elezione di Papa Benedetto XV, è sempre stata nera anche perché, in genere, il primo giro di voti è più che altro un modo per contarsi.

Questa volta, più che mai. Quasi tutte le testimonianze dirette dei porporati, infatti, testimoniano la difficoltà di convergere su un nome, o almeno su una rosa ristretta. «Di profili ce ne sono diversi, tante personalità che possono essere elette. Almeno cinque o sei, direi. All’inizio mi sentivo un po’ inquieto, ma, di colpo, sono molto sereno. Ormai stiamo entrando in Conclave. E sono convinto che il Papa sia già stato scelto dal Signore». Lo dichiara il cardinale Jean-Paul Vesco, francese di Lione, frate domenicano e arcivescovo di Algeri, intervistato dal Corriere della Sera alla vigilia del Conclave. «Ho l’impressione - aggiunge - che queste settimane ci abbiano fatto diventare il collegio cardinalizio che in realtà non eravamo. Venivamo da tanti Paesi, molti di noi non si erano mai visti. Ora finalmente ci conosciamo. Il clima tra noi cardinale è davvero molto fraterno». Vesco spiega che «ci sono davvero tante persone, la scelta è abbastanza aperta. C’erano i candidati per così dire naturali, quelli che per il loro ruolo e la loro personalità sono già conosciuti. E ci sono pure quelli che intervengono e ti fanno pensare. Ma non c'è nessuno che “schiacci” gli altri, uno del quale si possa pensare: sarà lui. Eppure accadrà».

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Intanto, fino all’ultimo momento, i nomi in pole position dei papabili più o meno sono sempre gli stessi. L’ultimo sondaggio è quello condotto da Youtrend su un campione di 12 giornalisti italiani esperti di Chiesa e Santa Sede, misurando le probabilità di elezione. Dalla media delle percentuali espresse dai vaticanisti interpellati i nomi sono quelli ciroclati nelle ultime settimane, con qualche novità. Risulta in testa l’ex segretario di Stato Pietro Parolin con il 38% di probabilità, nonostante i vari “veleni” sparsi ultimamente lungo la sua- presunta- via al soglio pontificio. Seguono l’arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana Matteo Zuppi (15%), altro superfavorito della prima ora, il patriarca di Gerusalemme dei Latini Pierbattista Pizzaballa (14%) e il filippino Luis Antonio Tagle, pro-prefetto della sezione perla prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari (13%). Su Pizzaballa, negli ultimi giorni, si sono concentrati molti consensi, perché viene identificato come uno dei pochi capaci di mediare in modo concreto, soprattutto nella complessa e dolorosa situazione mediorientale. Del resto, il cardinale, tra i suoi vari meriti, possiede anche quello di saper parlare l’ebraico in modo fluente.

A seguire, con una probabilità media più bassa, ma comunque in una certa evidenza, ci sono l’arcivescovo di Marsiglia Jean-Marc Aveline (7%), che però forse paga lo scotto di essere considerato il “candidato” del presidente francese Macron, l’arcivescovo di Rabat Cristóbal López Romero (5%), il prefetto del Dicastero per i vescovi Robert Francis Prevost (3%), che guadagna consensi, e l’arcivescovo di Budapest Péter Erdo (3%), canonista insigne, conservatore ma moderato e un campione della difesa della libertà religiosa. Il cardinale Romero è salito alla ribalta in particolare dopo le sue dichiarazioni, a metà tra le battute e la riflessione profonda, che appunto alla considerazione che il nome sia entrato nella rosa dei papabili, ha commentato: «Se intravedo il pericolo di essere eletto nel Conclave, inizio a scappare e mi ritrovano in Sicilia». L’arcivescovo di Rabat ha motivato la sua battuta ironica spiegando che desiderare di governare la Chiesa come Pontefice è segnale «di un problema nella testa, psicologico, o di un malessere nel cuore». Perché invece è da considerare un peso spesso molto duro da portare, tanto da indurre molti neo-eletti a sfogarsi nella penombra solitaria della ormai famosa “stanza delle lacrime”, appena usciti dalla Cappella Sistina.

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