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Rosanna Cancellieri a Libero: "Che fortuna essere licenziati dall'Unità. Via dopo un litigio, poi la Rai"

Giovanni Terzi
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L' educazione e il garbo sono le caratteristiche che subito si impongono a chi incontra Rosanna Cancellieri, giornalista e volto noto della televisione e della cultura televisiva del nostro Paese. Un'educazione che nasconde il carattere forte e determinato di chi, da sempre, è stata capace di vivere e di decidere da sola la propria vita. Una laurea in filosofia che è il substrato e metodo nell'agire durante la vita e che si sintetizza nell'espressione esistenzialista "hic et nunc" di heideggeriana memoria. "Hic et nunc", qui e adesso, diventa il motto del "Ribelle" di Ernst Junger capace di conquistare la libertà, unica vera dote a noi concessa dalla vita.

Rosanna Cancellieri, la sua libertà oggi è rimessa in gioco dal coronavirus: come lo stiamo affrontando?
«Proprio l'altro giorno facevo una riflessione: alla luce di quello che stiamo vivendo a causa del virus, la mia è stata una generazione fortunata. Dico questo perché non ho conosciuto la guerra e sono nata e cresciuta in un periodo di benessere e boom economico, dove non conoscevamo alcun tipo di restrizione. Adesso tutto questo è cambiato».

In che modo, secondo lei?
«Adesso è calata su di noi una situazione che fa sentire tutti insicuri. Tutto quello che è il nostro mondo appare oggi sotto minaccia, e credo che molti di noi stiano iniziando a capire quanto siamo fragili».

La nostra fragilità passa anche da un cambiamento nel rapporto con gli altri, con il prossimo?
«Assolutamente sì, e non soltanto dal punto di vista formale, ossia nelle precauzioni utili per combattere il virus. Ma soprattutto dal punto di vista sostanziale. Abbiamo un nemico comune da combattere e la gente si sta rendendo conto che esiste un pericolo reale, che ha messo il nostro mondo e i nostri comportamenti sotto attacco. Stiamo capendo che ci saranno dei cambiamenti, il che determina una grande incertezza nel futuro».

Lei è pessimista?
«Io credo nell'ottimismo della volontà e nel mantenere ognuno di noi al centro della propria esistenza. Io mi dico sempre: "Rosanna, preoccupati di ciò che dipende da te e non di altro"».

C'è qualche elemento positivo, in questo momento di criticità?
«Forse si sta iniziando ad assaporare l'importanza della normalità, che pensavamo fosse una cosa noiosa invece la comprendiamo come straordinaria, quale in realtà è! Forse stiamo iniziando ad andare alla sostanza delle cose, e cerchiamo nel prossimo una sponda emotiva con cui poter condividere le nostre paure».

Lei parla di paura: l'ha vissuta altre volte?
«Ho vissuto un sentimento simile nel 2001 a New York, dopo l'attentato alle due torri. Noi giornalisti temevamo la reazione americana e l'inizio della terza guerra mondiale».

Cosa hanno in comune le sue paure?
«Il timore del domani. Così mi accadde anche quando si ammalò mia mamma. Il mio mondo si stava capovolgendo. La paura è per me legata a qualcosa che sta per far andare in frantumi il tuo mondo». 

E invece, al contrario, le gioie?
«Ne racconto subito una: quando ieri mi ha passato al telefono Simona (Ventura, ndr), donna e professionista che stimo tantissimo e a cui sono legato da quando lei presentava "L'isola dei famosi", quella in cui io ero concorrente. Ho provato una gioia reale, perché mi ha portato alla memoria una esperienza importante della mia vita».

Che ricordo ha dell'Isola dei famosi?
«È stata una lezione di vita importante, perché ho toccato i confini di me. In quella esperienza ho capito ciò che sono in grado di affrontare (e non pensavo minimamente) ed anche ciò che pensavo fosse alla mia portata e invece diventava insuperabile».

Mi faccia degli esempi.
«Dal punto di vista fisico, ho sempre pensato di non essere in grado di stare in un luogo di costrizione, e invece all'Isola ho capito di avere doti inaspettate di resistenza. Al contrario, pensavo di essere una donna capace di relazionarmi serenamente con gli altri, e invece mi sono resa conto che prevale il mio egocentrismo».

Però sull'isola ha avuto un grande amico in Kabir Bedi.
«Kabir è stato un regalo della vita. È un uomo di una interiorità straordinaria e ci siamo raccontati con verità è autenticità. Eravamo entrambi in una situazione analoga: lui con sua moglie si stava separando, io vivevo una crisi con il mio compagno».

Cosa si ricorda del leggendario Sandokan?
«Una frase: "Se non fai il vuoto attorno a te, non puoi fare un nuovo pieno"».

Crede sia possibile una amicizia tra uomo e donna?
«È molto rara. Era evidente che non c'era attrazione reciproca dal punto di vista fisico, o forse eravamo in un periodo delle nostre vite dove non c'era spazio per una passione, così tra Kabir e me nacque una grande affinità elettiva. La passione è capace di regalare grandi abbagli».

Ha amici maschi?
«Un ragazzo omosessuale con cui c'è grande confidenza e una intimità di colloquio».

Lei iniziò a fare la giornalista all' Unità e se ne andò via in disaccordo con Antonio Caprarica. È vero?
«Mi dissero che non avevo il senso della notizia e nemmeno ero affidabile politicamente. Così presi la cartellina con dentro i miei articoli, tra cui uno sulla fuga di Kappler, e andai dal direttore, Alfredo Reichelin. Entrai nella sua stanza e dissi: "Perché mi hai fatto scrivere questi articoli importanti se poi mi vuoi cacciare?"».

E che cosa accadde?
«Si riunì il gran giurì. Poi Marcello del Bosco mi prese da parte e mi disse: "Hai ragione ma non si può sconfessare un caporedattore, e quindi o vai a collaborare con le pagine regionali o vai via". Decisi di andare via».

Chi era quel capo redattore?
«Quel caporedattore era Antonio Caprarica. Lo odiai molto, ma ora siamo molto amici e, come disse il portiere della sede dell'Unità che mi vide piangere all'uscita della sede del giornale: "Signora, si chiude una porta e si apre un portone". E così fu».

Cosa successe?
«Entrai in Rai e divenni una giornalista di Rai3. In seguito ci fu il programma come conduttrice, "Dove sono i Pirenei". Lì incontrai Paolo Limiti che mi fece da autore».

Che rapporto ci fu?
«Paolo vide doti che non manifestavo, ma che erano dentro di me. Venivo dal Tg3 e mi imbavagliavo da sola, non mi lasciavo andare. Paolo mi diceva di "non fare la giornalista" e aveva ragione: così mi ha liberato dalle mie paure. Sul piano dell'informazione, invece, abbiamo litigato».

Che differenza c'era tra lei che conduceva il Tg3 e le conduttrici di adesso?
«Noi eravamo più star. Io, la Gruber, Carmen Lasorella: i direttori volevano i volti del tg. Oggi è tutto molto più omologato».

Anche moda e costume?
«Credo non esista più la creatività degli anni '80. Armani, Valentino, Moschino, Versace erano dei geni! Oggi si insegue il mercato, e questo ha appiattito l'estro e l'invenzione».

L'Italia ha perso il suo primato nel mondo della moda?
«No. L'Italia ha la bellezza nel suo Dna».

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