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Andrea Scanzi, delirio e raffica di insulti: "I miei ritmi li terrebbero in sei"

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Daniele Dell'Orco
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Andrea Scanzi è un genio che ha avuto la fortuna di nascere nella terra delle opportunità. Non gli Usa, ma l’Italia, il posto in cui tutto è davvero possibile. Il Belpaese ha dato i natali a steward diventati ministri, spacciatori per corrispondenza di pozioni magiche a base di zampe di gallina, nullatenenti col Ferrari capaci di incassare persino i sussidi pubblici. Solo in un Paese dorato come il nostro, insomma, sarebbe stato possibile che un chiaro profilo con disturbo narcisistico di personalità come Andrea Scanzi potesse diventare il giornalista più seguito sui social. I sintomi li ha tutti: «Senso di grandiosità, bisogno di ammirazione e mancanza di empatia e sensibilità verso gli altri, che tende a sovrastimare le proprie abilità e a dare eccessiva importanza ai propri successi e traguardi personali, minimizzando e svalutando quelli altrui». Uno Scanzi da manuale.

 

 

Ebbene, anziché farsi controllare, l’aretino ha avuto il geniale istinto di utilizzare il naturale sentimento che trasmette una personalità come la sua, cioè l’odio, come fonte di fatturato. Più parla, più si fa odiare, più fattura. Lo dimostra perfettamente la sua ultima trovata social. Un paio di giorni fa era in viaggio in treno. Anziché godersi qualche attimo di tranquillità nel vagone di prima classe ha scelto di colmare l’insofferenza data da una mezz’ora scarsa di mancanza di attenzione, facendosi un selfie col viso ebete e look da adolescente anni ’90 e postandolo sui social chiedendo ai suoi follower di «fargli compagnia» con delle domande.

Giacché i seguaci sono centinaia di migliaia, hanno iniziato ingenuamente a rispondere all’appello, rimediando osservazioni deliranti. Un tipo gli ha chiesto come potesse gestire tutti i suoi impegni. Scanzi, noto per svegliarsi alle quattro, spaccare pietre, badare a mezza dozzina di figli e fare il secondo lavoro di notte, risponde: «Sono molto affamato di vita. I miei ritmi li terrebbero in sei». Ad un’altra domanda simile aggiunge: «Pensi che sia facile da 11 anni fare ai miei livelli tv, teatro, articoli, libri, preparazione fisica, eccetera?». Eccetera?! Ma se praticamente non fa nemmeno quello che ha elencato. Chiama «preparazione fisica» qualche partita di padel, «libri» delle opere mezze copiaincollate come il suo recente “Sfascistoni”, «tv, teatro e articoli» delle produzioni a dir poco modeste trainate solo dalla popolarità social (e dall’odio).

 

 

Poi, dopo aver inserito tra gli intellettuali “latinoamericani” i portoghesi José Saramago e Fernando Pessoa, ha iniziato a schernire chiunque non sia disposto a pagarlo per poterlo odiare: «Non parlo di politica gratis», dice a uno; «Non racconto della mia vita se non in una eventuale autobiografia», risponde a un altro. Il tocco magico però, quello che solo l’iniziato del narcisismo possiede, lo sfoggia quando gli chiedono: «Ti piacerebbe andare a spargere cultura nelle scuole?». Narciscanzi: «Me lo chiedono da sempre e quel mondo non lo sento vicino e non mi attrae. Non viaggio gratis, le scuole non hanno soldi e anche se ci fosse un gettone direi di no. Chi vuole vedermi, viene a teatro». Solo uno scivolone? Macché. Scanzi poche ore dopo ha spiegato i motivi per i quali pensa di avere tutto il diritto di snobbare la scuola. Anzi, uno solo: perché vorrebbe dire sprecare soldi suoi per qualcosa che non lo fa “pulsare”. Pur felici del fatto che Scanzi voglia restare più lontano possibile da una scuola, bisogna ammettere che in qualsiasi latitudine le sue sarebbero considerate frasi patetiche. Ma lui è nella terra delle opportunità, e con l’odio che giustamente gli sta piombando addosso continuerà a battere cassa: dal Fatto, dalla casa editrice che gli pubblica i libri-bugiardino e da salotti tv come quello di Lilli Gruber. Tutti disposti a coprirlo d’oro, pur di poter sfoggiare nient’altro che la sua faccia da pungiball. 

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