Il vantaggio è ancora del Napoli, un punto a due giornate dalla fine, ma un leggero vento soffia alle spalle dell’Inter. È quello della finale di Champions League che inevitabilmente ha inebriato di serenità il campionato nerazzurro, rendendo questo scatto finale molto più leggero. A dir la verità, vedendola correre divertita sotto il diluvio di Torino, l’Inter non è mai stata così leggera in tutta la stagione. Lo scudetto lo ha perso proprio quando era diventata pesante (nello spirito più che nei muscoli), cioè quando i tre obiettivi erano diventati un ritornello da hit estiva, orecchiabile fino a che non lo senti duemila volte, e ora può rivincerlo con lo spirito opposto.
Dieci giorni da leader sembrano aver affaticato il Napoli, forse perché Conte non ha cambiato registro. La retorica dell’underdog, della sfavorita, è rimasta in essere ed è un rischio per chi non lo è più. Non si può nemmeno appoggiare a sfide complicate o impossibili dato che il calendario prevedeva Genoa, Parma e Cagliari come trittico finale, ben diverso dall’affrontare una Lazio che si gioca la Champions League come tocca fare all’Inter (che poi all’ultima andrà a Como). Ma anche il calendario leggero è un boomerang che può complicare le cose: i media iniziano a dare per scontate le vittorie, la piazza ascolta e annuisce, i giocatori inconsciamente allentano la tensione. Per questo Conte avrebbe potuto alzarla artificialmente, mettendo in soffitta il copione utilizzato finora e improvvisando una recita diversa, meno prudente, più azzardata. Il Napoli rischiava il calo di tensione più che la crisi di nervi, ma il suo tecnico era convinto del contrario.
In parte ha anche avuto ragione considerando la bontà della prestazione contro il Genoa, una delle più piene dell’ultimo mese. Ma il pareggio subito nel finale è probabilmente dovuto all’idea di aver già vinto la partita. Da qui la sensazione che il Napoli abbia bisogno di un pizzico di sana paura di perdere questo scudetto, ma non può averla se continua a considerarlo un “di più” rispetto a quel che doveva fare e ha già fatto (tornare in Champions). La paura ora va scacciata con una presa di responsabilità forte e netta di chi questo titolo vuole andarselo a prendere con forza, senza pensare troppo, perché di là ci sarà un Parma che giocherà in casa con due risultati su tre, lusso che il Napoli non ha più.
L’Inter di contro ha cavalcato l’onda lunga della Champions e il turnover integrale saggiamente operato da Inzaghi in modo da evitare la sbornia post-Barcellona. Contro il Torino si è vista una squadra serena. Non era scontato. Un gruppo immaturo avrebbe potuto prenderla alla leggera, dando per perso lo scudetto, e uscirne sconfitto, ma avrebbe interrotto il flusso positivo. Ora l’Inter ci può viaggiare sopra, dentro, lasciandosi spingere da un’energia che non va prodotta con la fatica. Non più. Cambia anche il programma dei nerazzurri dato che il titolo è tornato a essere un’opzione: diversi titolari, tra cui Thuram, torneranno dall’inizio già contro la Lazio, mentre per Lautaro bisognerà attendere Como.
Fino a mercoledì (l’orario delle partite di domenica sarà ufficiale oggi) saranno di riposo dato che Inzaghi ha concesso tre giorni di stop. Un’ottima strategia perché più l’Inter si dimostra quasi disinteressata allo scudetto, più possibilità ha di appesantire il Napoli. La condizione comune, ora, è la vittoria obbligata. Entrambe possono solo pensare a fare sei punti nelle due partite che mancano. Non ci sono più bonus e il fantasma dello spareggio, essendoci ora un punto di differenza, si è allontanato. Sopravviverà chi conviverà meglio con la pressione che la vittoria comporta. Che poi è anche il motivo per cui una squadra diventa campione d’Italia.