Mentre a Udine andava in scena l’ennesima guerriglia pro-Pal (di cui hanno fatto le spese undici operatori delle Forze dell’ordine e due giornalisti), da telecamere e microfoni Rai (Tg3 e RaiSport) partivano un paio di messaggi di propaganda anti-israeliana. Oltre al caso dell’inviato del Tg3 Jacopo Cecconi, c’è stato quello di Alessandro Antinelli, che commentava da studio insieme ad Andrea Stramaccioni la partita della Nazionale azzurra contro Israele.
Alla fine del match il giornalista si è dapprima complimentato con quanti avevano permesso di raccontare, seppure «con difficoltà, questa giornata» (un riferimento al clima di tensione a pochi chilometri dallo stadio). Poi, indicando il fiocco nero sul bavero della sua giacca, ha spiegato il motivo di quella scelta: «Ricorda 250 giornalisti che hanno perso la vita, giornalisti e giornaliste, nel conflitto a Gaza, in quello che la commissione d’inchiesta dell’Onu ha definito un genocidio che hanno provato a raccontare. E questo è un fatto: purtroppo a casa non sono tornati».
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«Genocidio», dunque. La fonte di Antinelli è l’Organizzazione delle Nazioni Unite, presumibilmente il Rapporto della “Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sui Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est, e su Israele” (Onu, A/Hrc/57/73), presieduta da Navi Pillay. Ebbene, fermo restando che quel documento non ha carattere vincolante né automatico e dovrà essere discusso e approvato dal Consiglio per i diritti umani di Ginevra e da qui a sua volta indirizzato all’assemblea generale, al consiglio di sicurezza e ai tribunali internazionali, vale la pena ricordare come Maurizio Delli Santi, componente dell’International Law Association, su Avvenire del 18 settembre scorso abbia sottolineato come in quelle 75 pagine l’Onu abbia stabilito che quanto avvenuto a Gaza «si avvicina drammaticamente alla definizione di genocidio sancita dalla Convenzione del 1948». Si avvicina, dunque ma non lo raggiunge.
Poi ci sarebbe da discutere della terzietà del Palazzo di Vetro in questa crisi, e magari anche considerare anche altre, autorevoli opinioni, come ad esempio quella della senatrice a vita Liliana Segre, presidente della commissione straordinaria su «intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza», che pur essendo molto critica con Israele si è sempre rifiutata di usare quella parola: «Mi sono sempre opposta e continuo a oppormi aun uso del termine genocidio che non ha nulla di analitico, ma ha molto di vendicativo» (2 agosto 2025).
Tant’è: Antinelli non ha dubbi e usa il palco della tv di Stato per istituzionalizzare il termine «genocidio» nel post partita. Poco prima del calcio d’inizio, invece, mentre in città vanno in scena gli scontri, lui racconta della manifestazione e del suo titolo «mostrate a Israele il cartellino rosso», poi si lamenta dei «manifestanti respinti con idranti e con cariche. Eppure si gioca».
Tutto vero, ma gli idranti e le cariche sono stati utilizzati dalle Forze dell’ordine solo dopo lo sfondamento del cordone di sicurezza e il lancio di pietre contro gli agenti. Si tratta dello stesso giornalista che il 2 ottobre scorso su X magnificava le gesta della Flotilla con queste parole: «Diritto internazionale violato a ripetizione. Però è colpa loro che sono andati lì. Il mondo al contrario».
Fatto sta che Barbara Floridia, la presidente grillina della commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai, ha colto la palla al balzo per mettere il suo sigillo sulla scelta di Antinelli e degli altri «giornalisti che hanno mostrato un fiocco nero. Il loro gesto ha dato prova di cosa significa essere un giornalista con la schiena dritta che lavora per il servizio pubblico: grazie». A questo punto occorre chiedersi: è lecito che un presidente di un organismo di garanzia, che dovrebbe tutelare il pluralismo nell’informazione, commemori solo le vittime di una parte?
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Tornando alla sera di Italia-Israele. Durante il Tg3 andato in onda prima della partita, l’inviato Jacopo Cecconi si era lasciato andare a questo auspicio: «L’Italia ha la possibilità di eliminare Israele, almeno sul campo, vincendo». Dopo le denunce di Libero e di alcuni esponenti del centrodestra, il diretto interessato ha provato a metterci una pezza intervenendo a Linea Notte, sempre su RaiTre: «Mi sembrava del tutto ovvio: stavo parlando dell’eventualità che, è stata ventilata nelle settimane scorse, di escludere a tavolino Israele dal campionato del mondo. Stavo dicendo che, invece, poteva essere eliminata sul campo dall’Italia». Insomma, mentre infuriavano gli scontri e parlava del servizio d’ordine «molto discreto» per assicurare la sicurezza all’interno dello stadio, Cecconi stava «parlando di calcio, ovviamente. Lungi da me non solo dire, ma anche pensare all’eliminazione di Israele come Stato... è assolutamente assurdo, sono partite delle polemiche che capisco fino a un certo punto... parlavo di calcio da almeno trenta secondi, mi sembrava chiaro...».